venerdì 5 marzo 2010

Giancarlo Rossi - No One Is Illegal - recensione fascicolo

No One Is Illegal:

Fighting racism and State violence in the U.S.

Haymarket Books


pp. 240
USD 14
Al momento il volume non è pubblicato in Italia

E' fin troppo ovvio affermare che non si può capire la storia degli Stati Uniti se non si mette nel dovuto rilievo il ruolo giocato dall'immigrazione nello sviluppo del Paese. E' noto anche in Europa che il processo riassunto nell'espressione "Melting pot" non è stato sempre pacifico e ha conosciuto diversi momenti di crisi, in coincidenza per lo più con le fasi recessive dell'economia.

Meno conosciuta è la serie ininterrotta di attacchi contro diverse etnie e gruppi di emigranti che hanno contraddistinto i rapporti tra capitale e forza lavoro negli Stati Uniti dal diciannovesimo secolo ad oggi. L'ultimo episodio di questa lotta è oggi al confine con il Messico, dove giornalmente centinaia di persone provenienti dal Centro e Sud America cercano di entrare nella terra dell'abbondanza.

A differenza di un tempo, però, ora non si chiude più un occhio quando i braceros (braccia) varcano la linea di separazione fra i due Stati. I politici si pronunciano contro l'immigrazione clandestina, e ci sono squadre armate di cittadini che cercano di impedire loro il passaggio. Del resto, i migranti che riescono, rischiando anche la vita, a raggiungere il loro obiettivo sanno che la loro unica possibilità è quella di lavorare in maniera sfiancante per salari da fame, senza la minima possibilità di ribellarsi, sempre sotto la minaccia di essere denunciati e rimandati a casa.

Ma contro l'ipocrisia e lo sfruttamento si sono levate di recente molte voci, e sono state organizzate imponenti manifestazioni politiche. Una delle manifestazioni di questo movimento è il saggio "No one is illegal" di Mike Davis e Justin Akers Chacon, pubblicato da Haymarket Books.

Il primo dei due autori è noto anche in Italia per i suoi saggi che spaziano dalla storia di Los Angeles ("City of Quartz") alle tragiche conseguenze del colonialismo ("Olocausti vittoriani"), il secondo è uno specialista della storia dei "Chicanos" e insegna a San Diego.

E' una lettura da consigliare a chi vuole davvero documentarsi sul fenomeno dell'immigrazione clandestina e sulle sue cause, perché, anche se focalizzato sulla situazione del continente americano, il saggio offre gli spunti per capire quel che da noi in Europa accade, per esempio nel canale di Sicilia.

L'opera si divide in due parti. Nella prima, Davis racconta con il suo stile secco ma efficace, e con una impressionante documentazione storica, quali gruppi sono stati in passato oggetto di attacchi razzisti, e di discriminazioni ingiustificabili, che hanno avuto come pretesto assurde ideologie sulla supremazia di una "razza" sull'altra, o discutibili teorie economiche sull'opportunità o meno di accogliere immigrati dall'esterno.

In realtà, spiega Davis, si è trattato di paraventi che hanno coperto la volontà dei datori di lavoro di avere sempre a disposizione un "esercito di riserva" disposto a lavorare a salari infimi, e a rompere il fronte dei lavoratori in occasione di scioperi. La diversità etnica è stata così la carta da giocare per mettere italiani contro cinesi, tedeschi contro irlandesi, giapponesi contro messicani.

Impressionante è inoltre la descrizione delle azioni intraprese da bande di poliziotti privati e crumiri per sconfiggere le lotte sindacali, con la tacita collaborazione delle forze di polizia. La seconda parte del saggio à affidata a Akers Chacon, che racconta più dettagliatamente la storia dello sfruttamento plurisecolare dei lavoratori messicani, chiamati a lavorare in condizioni miserrime soprattutto nel settore agricolo, in quegli Stati, come la California e il Texas, che proprio al Messico furono tolti con la forza a metà del diciannovesimo secolo.

In questi ultimi anni, denuncia Akers Chacon, la situazione è peggiorata con l'entrata in vigore del Nafta (North American Free Trade Agreement), che ha fatto di Stati Uniti, Canada e Messico un unico grande mercato per le merci e le persone. La conseguenza è stata che le grandi imprese a stelle e strisce hanno approfittato dell'opportunità di trasferirsi in Messico costruendo appena al di là le cosiddette "Maquiladoras", fabbriche in cui si lavora per salari da fame, anche per le necessità messicane, senza diritti sindacali e senza certezze per il futuro, proprio quelle garanzie che hanno perso gli operai statunitensi e canadesi..

D'altra parte, la libera concorrenza ha fatto sì che decine di migliaia di agricoltori messicani finissero fuori mercato di fronte ai prodotti meno cari, ma sovvenzionati, delle grandi corporations.

Il cerchio quindi si chiude: ancora meno opportunità di sopravvivere in patria, ancora più sfruttamento negli Stati Uniti, e un Paese, il Messico, sempre più dipendente. In questo senso il saggio di Davis e Akers Chacon non può offrire vie d'uscita. Ma la petizione di principio contenuta nel titolo ("Nessuno è illegale") resta comunque valida e giusta, soprattutto in un mondo in cui centinaia di milioni di persone devono abbandonare casa e famiglia per la loro sopravvivenza, di fronte a una terribile alternativa: restare in patria come forza-lavoro superflua o vivere altrove in uno stato di sostanziale schiavitù.

(salv)agente di cambio

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