domenica 29 agosto 2010

Giancarlo Rossi - (salv)agente di cambio - A Venezia Piano a Wenders ma è una biennale al femminile

http://www.repubblica.it/speciali/arte/recensioni/2010/08/27/news/a_venezia_piano_a_wenders_ma_una_biennale_al_femminile-6545715/

Apre la dodicesima edizione, diretta dalla giapponese premio Pritzker Kazuyo Sejima, prima donna della storica kermesse. Sul tema delle "relazioni dinamiche" sfilano 46 partecipazioni tra architetti e artisti. 53 sono i Padiglioni Nazionali, con le new entry di Malesia e Tailandia. Tra presente e futuro gioca il Padiglione Italia
di LAURA LARCAN

A Venezia Piano a Wenders ma è una biennale al femminile

VENEZIA - Il regista Wim Wenders che firma un appassionato e intimista documentario sul suo intrigante Rolex Learning Center inaugurato lo scorso marzo presso l'Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna, l'artista tailandese Fiona Tan che in un video racconta i sue progetti pionieristici per le isole del Mare Interno di Seto in Giappone, il suo "maestro" Toyo Ito (con cui ha collaborato subito dopo la laurea per sei strategici anni di illuminata formazione) che sfila tra i progettisti "storici", e un titolo/tema "People meet in Architecture", alla guida di tutta la dodicesima edizione della Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, al via dal 29 agosto al 21 novembre, che lascia trasparire con veemenza la sua personale concezione di architettura contemporanea: quella di spazi come tessuti connettivi o teatri di osmosi, capaci di incoraggiare con naturalezza le relazioni tra interno ed esterno ma soprattutto la comunicazione dinamica e fluida tra gli individui.

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First Lady Kazuyo Sejima. E' forse la prima volta che una Biennale di Architettura appare così profondamente permeata della personalità del suo direttore artistico, in questo caso la prima donna della storia della kermesse, la signora giapponese cinquantaquattrenne Kazuyo Sejima, vincitrice quest'anno col suo socio Ryue Nishizawa (con cui ha fondato lo studio Sanaa) del prestigioso Pritzker Architecture Prize. Ma non è un male, questo pizzico di autoreferenzialità quando l'idea portante è quella di "superare le condizioni di isolamento - per dirla con lei - in un'epoca in cui le tecnologie più avanzate sostituiscono il dialogo diretto tra le persone, restituendo un nuovo senso alle comunità".

La Mostra. Ed è su questa idea di "relazione", a tratti utopistica e romantica, ma anche avventuriera e intrepida, che su sua precisa indicazione ciascuno dei quarantasei partecipanti, tra studi, architetti, ingegneri ma anche veri e propri artisti da tutto il mondo che compongono il percorso espositivo tra il neonato Palazzo delle Esposizioni ai Giardini e l'Arsenale, riserba una sua personale e inedita interpretazione, elaborando "scenari autonomi di interazione tra ambiente e società". Sei sono gli italiani voluti da Sejima con scelte non così scontate. Da Renzo Piano a Aldo Cibic (Cibic & Partners) che porta una nuova versione del progetto "Microrealities" (microrealtà come speciali forme di società basata sulle interazioni delle persone con il loro ambiente). Da Andrea Branzi, all'artista Luisa Lambri, dal fotografo Walter Niedermayr che elabora tre diverse visioni di uno spazio pubblico di Teheran, all'omaggio all'architetta Lina Bo Bardi (1914 - 1992) che ha lavorato principalmente in Brasile a San Paolo incentrando i suoi progetti proprio sul concetto di relazione. Come avverte Kazuyo Sejima "comincia ogni suo progetto disegnando l'ambiente e le persone che lo abitano. Ciò che più la colpisce è il modo in cui i brasiliani occupano lo spazio con i loro corpi. Crea ambienti sorprendenti partendo da questi presupposti".

Archistar e outsider. Tra le archi-star, spicca, come già annunciato, il giapponese Toyo Ito & Associates, che con le sue pareti a "groviera" immagina un modo di ridefinire la divisione dentro-fuori, e l'olandese "volante" Rem Koolhaas col suo Oma (Office for Metropolitan Architecture) cui verrà consegnato il Leone d'Oro alla carriera (mentre quello alla memoria spetterà al giapponese Kazuo Shinohara, scomparso nel 2006) per quel suo talento speciale di creare "edifici che stimolano l'interazione tra le persone, raggiungendo in questo modo ambiziosi obiettivi per l'architettura, ispirando per questo persone dei più svariati campi disciplinari che traggono grande libertà dal suo lavoro". Oltre al ricordo di Cedric Price (1934-2003). Tra le presenze più borderline, spiccano gli artisti Janet Cardiff, Do Ho Suh, Olafur Eliasson, Marcela Correa che con Smiljan Radic, influenzati dalla recente esperienza del terremoto in Cile, presenta in mostra un'enorme pietra in cui viene ricavata una cavità che accoglie un solo spettatore alla volta. "Uno spazio che invita alla riflessione e alla meditazione", sottolinea Sejima. Ancora artisti clou, come il tedesco Thomas Demand e Cerith Wyn Evans. E non manca un ingegnere come Matthias Schuler di Transsolar, che in collaborazione con Tetsuo Kondo, propone una nuvola di dimensioni reali "Per la sua natura indefinita ed effimera, l'installazione stimola una nuova interpretazione dello spazio da parte dello spettatore", dice Sejima. E il critico performer Hans Ulrich Obrist che si diverte a progettare scenari di relazione attraverso la parola e il volto, intervistando tutti i partecipanti invitati da Sejima e realizzando un'istallazione all'Arsenale con tutte le interviste collezionate.

Padiglioni Nazionali. Questo viaggio nelle osmosi metropolitane viene poi affiancato, secondo tradizione, dalle cinquantatre partecipazioni dei Padiglioni nazionali ai Giardini, che sconfinano con le loro presenze anche tra l'Arsenale e il centro storico di Venezia. Le new entry vedono sfilare Albania, Bahrain, Iran, Ruanda, Tailandia e Malesia, alle Artiglierie dell'Arsenale, con la mostra "Re/mixed", dedicata a trentasette progetti selezionati tra i più interessanti studi malesi in fase di realizzazione, completati, oppure idee che sono state selezionate per diversi concorsi internazionali, tutti giocati sulla relazione tra Architettura e natura. Curiosando , chi vuole scoprire quale sarà il futuro skyline di Copenhagen , può gustarsi il padiglione della Danimarca che sfodera una schiera di archi-star per il progetto Urban Questions, da Zaha Hadid a Rem Koolhaas, a Daniel Libeskin. E la Francia lascia sfilare le prospettive architettoniche della Grande Parigi, accanto a Lione, Bordeaux e Marsiglia col progetto "Metropolis". E se la Gran Bretagna gioca con "Villa Frankenstein", Singapore propone affascinanti modelli di città compatte.

Padiglione Italia. Da non perdere assolutamente, il Padiglione Italia all'Arsenale con la grande mostra "Ailati. Riflessi dal futuro" curata da Luca Molinari che tenta con piglio temerario un'indagine tra passato recente e imminente futuro dell'architettura contemporanea italiana. Quasi un processo diplomatico al bene e al male di una creatività del costruire made in Italy. Tra crisi di coscienza e fermenti pulsanti. Il percorso è complesso, a tratti farraginoso nella lettura, ma ambizioso quanto basta per fare centro. Dal bilancio degli ultimi vent'anni di architetture italiane, all'attualità di un presente tutto da scandagliare (attraverso opere costruite in questi ultimi anni suddivise in 10 aree tematiche emergenti tra progetti solidali, abitare sotto i 1000 euro al mq, cosa fare dei beni sequestrati alle mafie, emergenza paesaggio, spazi per comunità, nuovi spazi pubblici, ripensare città, archetipo/prototipo, work in progress, innesti). Per chiudere con il futuro più urgente, mappato con una sezione più meditativa e pretenziosa, che in collaborazione con la rivista Wired chiama a raccolta quattordici tra scienziati, pensatori, film-maker "produttori" di futuro ad indicare le priorità .

Notizie utili - "La Biennale di Venezia. 12. Mostra Internazionale di Architettura. People meet in architecture", dal 29 agosto al 21 novembre 2010, Venezia (Giardini e Arsenale).
Orario: 10.00 - 18.00 (Giardini chiuso il lunedì escluso lunedì 30 agosto e lunedì 15 novembre 2010), Arsenale chiuso il martedì (escluso martedì 31 agosto e martedì 16 novembre 2010).
Ingresso: biglietterie Arsenale, Giardini e Ponte dei Pensieri, intero € 20, ridotto € 16
Informazioni: www.labiennale.org 2, tel. 041 5218828
Catalogo: Marsilio

(27 agosto 2010)

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Nel parco regionale di Millevaches, Francia, una grande mostra personale dell'artista torinese. Tra opere inedite e lavori nuovi, l'artista racconta la bellezza naturale di questa porzione di Francia
di LAURA LARCAN

Arte Povera, immersione nella natura A Vassivière c'è Marisa Merz

VASSIVIERE - Marisa Merz, torinese, classe '31, figura di spicco dell'Arte Povera, moglie del grande Mario (senza rimanerne mai oscurata, con alle spalle celebrazioni da Documenta di Kassel al Centre Pompidou di Parigi, alla Tate Modern di Londra, fino al premio speciale della Biennale di Venezia nel 2001) è una di quelle artiste somme, originali e suggestive che sa esplorare con grazia leggera e sopraffina l'intimo legame tra l'arte e la vita. Lo fa con le sue creature fragili ed introspettive, sculture di argilla e cera, materiali molli, esili superfici di metallo e fili tessuti di rame, ma anche grandi tele che tratteggiano in un limbo evanescente esangui volti femminili che parlano in un silenzio assordante. Un'energia estetica d'una femminilità vibrante che trova oggi la sua ideale collocazione nelle sale del Centre international d'art et du paysage de l'île de Vassivière che nella sua struttura perfettamente bilanciata con l'ambiente, una vera e propria isola, dialoga in armonia con il lago di Vassivière, uno dei più grandi bacini artificiali della Francia, incastonato a nord del parco regionale di Millevaches, da cui si gode un panorama mozzafiato di gioielli naturalistici.

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E' qui che fino al 26 settembre può essere ammirata la mostra personale di Marisa Merz a cura di Chiara Parisi che inanella eccezionalmente lavori inediti e nuove produzioni realizzate appositamente per gli spazi espositivi francesi, profondamente ispirati alla dimensione femminile, dove i reperti di un vivere quotidiano sono trasfigurati in apparizioni evocatrici di spazi intimi. Come dice la curatrice, "Marisa Merz è l'immagine di una potente e grande femminilità, di un'energia primordiale. La fragilità che in un primo momento sembrerebbe dominare tutta la sua opera, altro non è che l'apparenza da cui emerge progressivamente la forza e la grande trasgressione della sua opera".

Il percorso all'interno del Centre international d'art et du paysage diventa un paradigma di questo forza, tanto che si può dire che tutta l'isola sia la mostra. L'idea dell'artista è quello di instaurare affinità elettive tra il suo universo visionario e le energie naturali che caratterizzano l'isola di Vassivière. Un'intima fusione di natura e vita che parte dal nucleo cilindrico postmoderno di Aldo Rossi, vertice ascensionale dell'intero centro museale. Qui i fili d'erba d'un prato verde dialogano con le filiformi figure azzurre che animano un grande quadro realizzato su carta giapponese e illuminato da una cornice con trame di rame, in un contrappunto musicale perfetto con l'ovale azzurro, in cera.

Il percorso, poi, diventa un incunearsi negli spazi intimi del centro attraverso il gioco meticoloso delle opere allestite. Ecco i volti schizzati al centro delle tele come "un vuoto, un'emozione", per dirla con l'artista, grovigli di linee ondulate e sottili, eterei volti femminili appaiono lentamente con un'infinita delicatezza, segni evanescenti che all'improvviso prendono corpo in testine d'argilla posate ai piedi della tela. "L'artista - sottolinea la curatrice -concepisce la sua arte 'tutto come la vita', vede il mondo come soggetto a un continuo cambiamento, un passaggio di stato chimico e alchemico, una progressiva evoluzione, che è sottintesa a tutte le forme che portano dentro la loro struttura, la possibilità di diventare un'altra forma".

"Nel mio immaginario - rivela Marisa Merz - quello che scopro, non lo chiamo conoscenza, per me, è la felicità. Appena diventa conoscenza, la felicità è perduta. D'accordo, non riesco sempre a fare in modo che non diventi conoscenza, ma qualche volta ottengo quest'istante di felicità. E' la felicità legata al contatto con me stessa e al contatto con il mondo, e al rapporto tra i due. La trasformazione in conoscenza è quasi simultanea, inevitabile. Non so se la conoscenza contiene del dolore. Credo che sia la ripetizione, una cosa che conosci già. A differenza della felicità che è una sorpresa, uno stupore, quell'instante preciso, ecco. Ma io ho uno spirito bizzarro". Una curiosità, le audio-guide sono in formato Ipod e contengono riflessioni, perplessità e storie sul lavoro dell'artista da parte di studiosi e personalità del mondo dell'arte, da Danilo Eccher a Dieter Schwarz.

E per chi vuole scoprire nel dettaglio questo singolare museo, all'estremità dell'edificio di Aldo Rossi, quella che è la sua caffetteria, che si affaccia sul lago di Vassivière, spicca il padiglione del tè creato appositamente per lo spazio dall'architetto Kengo Kuma. E' il Fu-an, visibile fino al 5 settembre, "uno spazio per la cerimonia del tè che fluttua nell'aria", lo definisce lo stesso artista: "E' concentrandosi sull'essenziale e sul forte senso di poesia, che possiamo creare, all'interno di zone incompiute, uno spazio di vita raffinato che generi delle nuove e importanti idee'. Kengo Kuma reinterpreta la caffetteria di Aldo Rossi trasformandola in una struttura luminosa, leggera, che invita alla contemplazione e al raccoglimento, in cui vivere un'esperienza estetica e gustativa come si ritrova nelle case tradizionali giapponesi, nello spazio consacrato alla cerimonia del tè.

Notizie utili - "Marisa Merz", fino al 26 settembre 2010, Centre international d'art et du paysage, Ile de Vassivière, Francia. Orari: aperto tutti i giorni dalle ore 11 alle ore 19. Ingresso: intero €3 euro, ridotto €1,5 euro. Informazioni: .: +33 (0)5 55 69 27 27, www.ciapiledevassiviere.com 2

(20 agosto 2010)

Giancarlo Rossi - (salv)agente di cambio - Così in onore del mito Cousteau il museo diventa un fondale marino

http://www.repubblica.it/speciali/arte/recensioni/2010/08/20/news/cos_in_onore_del_mito_cousteau_il_museo_diventa_un_fondale_marino-6396197/

A Venezia, Fondazione Bevilacqua La Masa, una mostra rievoca l'esperimento dello studioso francese, che provò a vivere sotto il mare. Hilario Isola e Matteo Norzi riflettono sulla mitica avventura tra installazioni subacquee e acquari sculture
di LAURA LARCAN

Così in onore del mito Cousteau il museo diventa un fondale marino

VENEZIA - Una casa in fondo al mare, con affaccio sul mondo di Poseidone e le sirene come condomini. Con Jacques Cousteau il mito fu quasi a portata di mano. All'inizio degli anni Sessanta il grande oceanografo francese tentò l'incredibile esperimento di vivere sotto il mare. Scelse il pianoro sud di Sh'ab Rumi, al largo del Sudan, per impiantare le strutture di un viallaggio sui fondali marini, tra nuvole di pesci di ogni tipo e colore, compresi squali e barracuda. Una squadra di subacquei visse per quasi quaranta giorni nella profondità, portando a termine l'operazione di vita sommersa "Precontinente due". A poco meno di cinquant'anni a rievocare l'impresa ci pensano due artisti italiani, Hilario Isola e Matteo Norzi, con una bella mostra "A Ballad of the Flooded Museum", dal 26 agosto al 10 ottobre al Palazzetto Tito della Fondazione Bevilacqua La Masa, evento realizzato col supporto di Contemporary Art Project che si apre in concomitanza con la dodicesima Biennale di Architettura.

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E non a caso, perché la rassegna, curata da Paola Nicolin, è sì consigliabile per gli appassionati di mare e di mondi sommersi, per gli intrepidi dei fondali marini e per i sognatori di avventure subacquee, ma punta soprattutto, con quel gusto trasfigurante e lirico tipico dell'arte contemporanea, a riflettere sul concetto di profondità e di abisso, in termini fisici ma soprattutto emotivi. E l'acqua, quell'acqua magica e spietata di Jacques Cousteau, ne diventa il teatro straordinario della riflessione, con la sua dimensione spaziale effimera e imprevedibile, dove tutto è giocato tra realtà e una percezione distorta della realtà. Quasi una metafora, come avverte la curatrice Paola Nicolin, della natura dell'opera d'arte stessa messa in scena in un museo, in bilico, se non sul baratro, tra realtà e finzione.

Entrambi torinesi, classe '76, newyorchesi d'adozione, Isola e Norzi, in collaborazione dal 2003, incentrano la loro ricerca concettuale, eposta in tutto il mondo, su espedienti di museologia e architettura, inondati, per rimanere in tema, di legami profondi con la storia dell'arte. E la loro mostra veneziana diventa un "tuffo" singolare e per nulla banale, meditativo ma mai scontato, nell'universo dell'acqua salata. Appropriatisi dell'esperienza di Jacques Cousteau, il cui insediamento abitativo è ancora visitabile attraverso le immersioni subacquee nel Mar Rosso sudanese, i due ripropongono, accanto alla raccolta di materiali e documenti legati alla storia dell'impresa del pioniere dei mari, una loro rivisitazione atraverso installazioni, sculture, fotografie, video e disegni, con strategici salti di scala che colpiscono lo spettatore alterando la percezione dello spazio espositivo.

Se l'acqua è quell'elemento "contraddittorio" che dà vita e distrugge, sommerge e protegge, altera l'essenza delle cose, ecco che le opere di Isola e Norzi ragionano su questa natura borderline. Accade con le installazioni subacquee, sculture- acquario, creature a metà tra plexiglass e spugne marine, vetri con insediamenti naturali di alghe marine, quadri che evocano abissi. Una porzione di mare sembra rivivere in queste sale, quasi a voler ri-attivare lo spirito utopistico temerario e affascinante di un grande uomo di mare.

Notizie utili - "A Ballad of the Flooded Museum. Isola e Norzi", dal 26 agosto al 10 ottobre 2010, Fondazione Bevilacqua La Masa, Palazzetto Tito, Dorsoduro 2826, Venezia.
Orari: mercoledì'-domenica 10,30-17,30, chiuso lunedì' e martedì'.
Ingresso: intero €5, ridotto €3.
Informazioni: 041-5207797, www.bevilacqualamasa.it 2

(20 agosto 2010)

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